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Paolo Signore - Gallipoli |
Nell’ambito della collettiva “Orietur in
tenebris lux tua - Arte contemporanea tra luce e tenebre”, ospitata a Lucca
presso la sala comunale Corte dell’Angelo dal 28 Febbraio all’ 8 Marzo,
l’Associazione Kouros è lieta di presentare l’artista Paolo Signore, che
esporrà due opere dal titolo “Mareggiata” e “Gallipoli”.
Paolo, parlaci di te….. Come ha avuto
inizio la tua passione artistica?
Si tratta di una riscoperta
in età matura. Da giovane amavo disegnare e guardare arte di tutti i tipi. Poi
mi sono dedicato all’ideazione e realizzazione di fumetti e immagini tipo
quello che poi sarebbe diventato lo stile delle graphic novel. Dopodiché per lungo tempo la mia vita è stata travolta
da altre passioni, come l’impegno per la tutela dei diritti dei cittadini e,
successivamente, la ricerca sociologica che ancora oggi rappresenta il mio
lavoro e una parte importante di me. Solo in tempi recenti, quasi per sbaglio,
giocando con dei colori a olio che avevamo in casa, ho rinnovato questa grande
fonte di energia e identità. Come ha detto l’artista Maria Lai: “Giocavo con
grande serietà; poi a un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte”.
Che cos'è per te la pittura? Come nascono i tuoi quadri? Attraverso la capacità di dare origine a un'immagine già dentro la tua mente o grazie ad una spontanea espressione del tuo estro?
Innanzitutto per me la pittura è una necessità, un bisogno: non posso più fare a meno di mettermi a dipingere o a disegnare. In secondo luogo l'arte rappresenta un modo per esprimere sé stessi - o almeno parte di sé - soddisfa una necessità di espressione per così dire "concreta". L'arte è materialità, produzione di qualcosa, che sia un quadro, un disegno o una installazione. Mi piace sperimentare entrambi gli approcci che hai citato. Spesso "vedo", immagino qualcosa - prendendo spunto dalla realtà, ma soprattutto da emozioni che provo - e tento di dargli forma in disegno e colore, come ad esempio, nel mio quadro "Terraspiaggiamarecielo" o nei disegni in bianco e nero come "Violenza". Ma alle volte trovo piacevole anche mettermi di fronte al cavalletto e "sporcare" la tela in modo istintivo e asistemico, guardando di nascosto l'effetto che fa', come è il caso di "Stream of consciousness". In questo caso il segreto è riuscire a estraniarsi il più possibile, per così dire perdere il controllo sulla realtà e su sé stessi, facendo emergere dallo spazio vuoto qualcosa che si ha dentro ma non si sa bene cosa... E' una sorta di esercizio spirituale di pratica della libertà...
Che messaggio vorresti arrivasse agli
spettatori osservando le tue opere?
Devo ammettere che non sono
convinto che l’arte debba necessariamente mandare un messaggio. Un messaggio
richiede razionalità e consapevolezza. L’arte, in quanto metalinguaggio, può
fare di più, che non solo inviare messaggi coscienti. L’arte può incidere sulla
gestalt, sui contesti mitici e quindi sul significato che diamo alle cose. Per
questo io spero che la mia arte dia emozioni e sensazioni e aiuti chi la guarda
ad avere un atteggiamento diverso nei confronti delle cose, un atteggiamento
creativo e innovativo, un modo di porsi libero dagli schemi. Trovo ce ne sia un
gran bisogno. Quali emozioni mi aspetto di suscitare? Da una parte sicuramente
l’angoscia e la disperazione di quella che sta diventando ormai una
consapevolezza condivisa dalla specie umana: la fine di un’epoca. Alcuni
addirittura parlano di fine della postmodernità e di apertura di una nuova fase
storica. In buona sostanza è finita la stagione delle sicurezze, sono
tramontate le ideologie e gli approcci lineari. E invece è iniziata una
stagione in cui ogni cosa va individuata, compresa, negoziata… e nulla è più
scontato o di semplice gestione. Una fase comunque sconosciuta, molto distante
da quella di prima. E per ora in pochi ci hanno capito qualcosa. I miei quadri
- spesso i figurativi – spero siano in grado di trasmettere la forte angoscia,
disperazione, sgomento derivanti da questo grande mutamento in corso… C’è la
percezione dello smarrimento e dell’incertezza che avvolge le nostre vite,
soprattutto quelle di chi ha vissuto una prima parte della vita in un sistema
ancora relativamente equilibrato e stabile, e si ritrova da adulto in questo
mare in tempesta. Credo che il quadro “Bataclan” sia un tentativo di
trasmettere queste emozioni da tenebre di fine millennio.
Dall’altra parte però, spero
che i miei quadri possano comunicare anche l’energia, il movimento, la speranza
che uno spiraglio di luce (a proposito di lux)
si faccia strada per aiutarci a muoverci in quest’ombra, in quest’epoca di
riferimenti rarefatti e sfuggenti. Soprattutto nei miei astratti spero che
emerga la forza, la passione, la fiducia che ce la possiamo fare a trovare
nuovi equilibri.
L’arte – insieme ad altre
aree di attività umana come anche la scienza o la musica e tante altre - può
svolgere un ruolo in questo frangente, una funzione nel percepire e vedere ciò
che ancora è incomprensibile, di erigere ponti dove è solo frattura, di creare
condivisione dove c’è conflitto, di contribuire a costruire un ambiente
favorevole al cambiamento e all’evoluzione, lì dove invece c’è stagnazione.
L’arte con la sua carica di energia, di libertà, di universalità, di
inclusività, può permettersi di infrangere strutture consolidate, modi di
vedere statici e impermeabili, con sferzate di ironia e coraggio.
Alla nostra
collettiva esponi due opere di grande impatto visivo, nelle quali protagonista
indiscusso è il colore, che sembra quasi voler uscire dall’opera per inondare
di luce e positività gli spettatori. Spiegaci come sono nate e quali emozioni
trasmettono…
Il quadro “Mareggiata” fa parte di quell’approccio in
cui mi metto di fronte al supporto senza particolari idee e inizio a dare del
colore a caso. In alcune occasioni seguo almeno una traccia di base, ad esempio
oriento i colori dal chiaro allo scuro, oppure mi concentro sui colori
complementari, come in “Spazio profondo”,
o ancora ho in mente un’emozione o un fatto e lascio che tale emozione mi
guidi, come in “Shoah” o “Compleanno”. Nel caso di “Mareggiata” niente di tutto ciò… L’unica
idea-guida è stata di utilizzare questa pennellata puntinata e carica di colore
(diversa quindi da quella del ‘puntinismo’ prima maniera), che dà una resa movimentata
e quasi viva all’opera. Ma per il resto è venuto tutto seguendo un flusso di
coscienza casuale (lo stream of consciousness
di Joyce). Lo stesso orientamento verticale della pennellata nel lato destro
del quadro - che poi sembra essere la spiaggia della mareggiata – è venuta così
per caso. Questo tipo di opere le realizzo di getto e in poco tempo. Poi,
finito il lavoro vedo a cosa somiglia il quadro e lo titolo (come per “Creatività – donna seduta in riva al mare”).
“Gallipoli” invece
è stato ispirato dall’immagine fotografica di una località marina. Il
riferimento alla cittadina pugliese è dovuto al mio amore per il Salento. Ho
usato solo tre colori. Il contrasto tra il chiaro e lo scuro e la solita
pennellata nervosa, rapida e materica, lo movimentano e lo rendono particolare.
Mi sono divertito un po’ a dare materialità a quella nuvola in cielo, con
parecchia vernice, per conferirle spessore in rilievo, quasi fosse minacciosa e
ci venisse incontro.
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Paolo Signore - Mareggiata |
La collettiva “Orietur in tenebris lux tua”, da noi organizzata, ha come obiettivo
non soltanto quello di indagare sul rapporto luce-tenebre, da sempre tematica
fondamentale della storia dell’arte, ma allo stesso tempo vuol far riflettere
lo spettatore sulle “tenebre” che avvolgono la vita di ognuno, svolgendo una
funzione quasi “salvifica”, capace di aiutarlo a ritrovare la propria luce
interiore.
Qual è il tuo pensiero a riguardo? Credi
che l’arte possa svolgere un ruolo che vada al di là del semplice piacere
visivo?
Sicuramente ho trovato
affascinante il titolo della mostra e rinnovo i complimenti alla curatrice Francesca
Callipari perché mi è venuta immediatamente in mente la dicotomia di cui
parlavo prima, tra l’oscurità e il tramonto di un mondo che finisce, e il
chiarore di una nuova alba.
Ma il rapporto tra luce e
oscurità può essere modulato in tanti modi. Senza l’oscurità non esisterebbe la
luce. Senza la resistenza dell’aria non esisterebbe il volo o la danza o la
musica. Senza il fallimento il successo. Sono facce della stessa medaglia come Yin e Yang.
Per quanto mi riguarda nel
dipingere cerco di modulare costantemente il chiaro e lo scuro. Trovo che la bellezza
sia molto nella varietà. Ad esempio nel rincorrersi di queste due dimensioni.
Appena una superficie è solo chiara o solo scura si produce un effetto di stasi,
di immobilità, che a mio avviso contrasta con la bellezza e con sensazioni
positive. E’ una impressione, magari sbagliata, ma nella mia arte è presente
questa mia idea guida.
Per quanto riguarda il ruolo
dell’arte, potrei citare Joni Mitchell che diceva: “Quando il mondo diventa un
pasticcio enorme, con nessuno al timone, è il momento per gli artisti di
lasciare il segno”. L’impressione è che ci siamo incartati e che gli approcci
tradizionali della politica o dell’economia segnino molto il passo.
Viviamo in un mondo
globalizzato che invece di appiattire e schiacciare tutto come molti temevano
(Orwell tanto per dirne uno), ha potenziato e amplificato le soggettività con
le drammatiche conseguenze in termini di processi migratori, rivolte popolari e
fenomeni terroristici. Fino a pochi lustri fa facevamo cooperazione allo
sviluppo in India, Brasile e Cina e all’improvviso esplode il fenomeno della
crescita economica dei paesi cosiddetti BRICS. L’incredibile volume di
comunicazione e di informazione che investe tutti, invece di promuovere la
comprensione e l’avvicinamento, probabilmente ha contribuito al livello diffuso
di micro-meso conflittualità diffusa. Sono solo alcuni esempi dei paradossi
imprevisti che viviamo quotidianamente.
A fronte di tutto ciò mancano
idee nuove, proposte originali, modi progressivi di intendere e gestire i
problemi. I gruppi dirigenti sembrano a volte troppo impegnati a far fronte
alla contingenza e poco a sforzarsi di capire realmente la situazione.
L’arte può forse aiutare a sparigliare
questa situazione di stasi. Forse non si tratta di cambiare le regole del
gioco. Magari bisogna cambiare gioco? Per brevità cito Hadot nel libro “Plotino
o la semplicità dello sguardo”: “L’arte non deve quindi riprodurre la realtà:
non sarebbe in tal caso che la brutta copia dell’oggetto che cade sotto i
nostri sensi. La vera funzione dell’arte è ‘euristica’: grazie a essa
scopriamo, ‘inventiamo’, attraverso l’opera che cerca di imitarlo, il modello
eterno, l’Idea, di cui la realtà sensibile non era che un’immagine”. Ecco…
Aldilà della pretesa di arrivare all’idea assoluta, mi accontenterei di
riattivare, anche tramite il linguaggio artistico, il processo creativo e
ideativo, rimettere in moto anime e cervelli.
Che cosa hai in mente per il futuro? Quali
altre manifestazioni artistiche dovremo aspettarci da te?
Sono appena tornato da Arte
Genova, dove dei miei quadri sono stati esposti da Artisti italiani nello
spazio Contemporary Art Talent Show
ed è stata una bella soddisfazione perché è un appuntamento di prestigio. Ora
con altre due opere sarò presente nella vostra collettiva “Orietur
in tenebris lux tua”. A marzo uscirà in libreria
il mio primo catalogo “Paolo Signore, opere”, edito da Artemide, con
l’introduzione del prof. Claudio Zambianchi. Vorrei riuscire a presentarlo in
una personale a Roma a cavallo tra primavera ed estate. Intanto ho messo a
punto il mio nuovo sito web, che vi invito a visitare
(www.paolosignore.com), dove è possibile
vedere gran parte della mia produzione artistica, un canale di ascolto e di
confronto anche con il mondo, anche con gli insospettabili; uno spazio aperto
alla critica, ai pareri e ai suggerimenti di tutti i curiosi. Il tutto, senza
rinunciare mai alla cosa più importante: passare più tempo possibile con il
pennello e la matita in mano…
Ti ringraziamo per il tempo che ci hai concesso e per
aver condiviso con noi le tue riflessioni sull’ arte e sul mondo attuale. La tua
arte, così variopinta e versatile, ci consente di intraprendere un viaggio bellissimo
fatto di luci e colori che invadono anima e cuore, conducendoci in una
dimensione senza spazio e senza tempo alla riscoperta di noi stessi.