In occasione di “Semplicemente Donna!” mostra
ospitata a Firenze presso Simultanea Spazi d’arte dal 25 Novembre al 7
Dicembre, l’Associazione Kouros presenta al pubblico Elisa Mazzieri e la sua
opera “Reverie”…
Chi è Elisa Mazzieri e coma nasce la sua
passione per l’arte?
Immagini, prima di tutto.
Sia nel disegno che nella scrittura, sono le immagini liquide che mi danno
l’avvio. Per quanto ricordo è stato sempre così. Prima con i disegni, da molto
presto, poi con poesie e racconti. La poesia, in particolare, fin da bambina
anche questa, è un’eredità paterna.
A "Semplicemente Donna" presenti "Reverie", opera strettamente legata alla poesia da te composta "E se", vuoi raccontarci qualcosa in più di questo progetto dalle mille sfaccettature artistiche?
Ecco, le immagini cui mi riferivo sono anche immagini doppie. In questo caso c'è la donna com'è vista - e giudicata - in "E se" che termina con la scelta chiara di una libertà consapevole e si allaccia alla donna che in "Reverie" guarda sé stessa.
E attraverso lo sguardo, lucido, trasforma e allontana la danza dei "giudici" senza perdere la sua identità. Senza esaurire la forza nel logorio della sola resistenza. Esistere prima che resistere.
Che
cos’è per te disegnare? Una libera manifestazione del tuo estro o la
realizzazione di un’idea già definita nella tua mente?
Forse il passaggio continuo
dall’uno all’altro. Credo che l’immagine non sia presente da prima su un piano
mentale mentre la forza creativa senta un’urgenza d’inizio.
Poi c’è come un innesco, è quando mi appare e mi
appare il disegno. Da un po’ mi capita di vederlo solo alla fine, capovolgendo
il foglio. Questa sarebbe una manifestazione creativa, pura, ma il mutamento
continuo di forme, prima, è della mente, che procede così e, sappiamo, inganna.
Forse, quindi, la purezza creativa si perde quando fissa uno dei tanti specchi
mentali rendendolo più chiaro. Ma è il viaggio fin lì che ha permesso di
affacciarsi alla finestra e goderne il panorama liberato.
Come vedi il tuo futuro tra
arte e poesia? Pensi di avventurarti in nuove sfide creative?
Mi sto dedicando a un
progetto, che dovrebbe partire a breve, sulla Fiaba. O meglio la decostruzione
e “costruzione” di una fiaba in ogni passaggio, personaggi e spazio scenico
inclusi, fino alla rappresentazione. Mi rivolgo a chi ha “eccesso di energie o
fantasia” – non mi sento di usare definizioni, meno ancora sigle, data la
complessità dell’argomento.
La collettiva “Semplicemente donna”! nasce
come un piccolo contributo per gridare forte il nostro “No alla violenza”, ma
soprattutto per esaltare la figura della donna in tutti i suoi aspetti,
rimarcandone l’importanza e il ruolo fondamentale nella società. Cosa pensi in
merito agli abusi e alle mancanze di rispetto alle quali essa è costretta
ancora oggi a sottostare?
È difficile rispondere in
modo sintetico senza minimizzare - parlo soprattutto come ex operatrice di
centro antiviolenza. I meccanismi, sottili o espliciti, che minano la libertà,
la dignità e infine la vita, delle donne che subiscono violenza sono molteplici
eppure simili.
La violenza contro le donne
è trasversale.
Non conosce distinzioni di ceto,
cultura età, provenienza. Questa evidenza va assimilata e non ridiscussa
secondo i casi. Alla richiesta di aiuto non si deve opporre lo stupore perché
“proprio lui, un così distinto professionista, non è possibile?”
A volte, per chiedere aiuto,
una donna attinge alle sue ultime energie – ultime per un tempo finito, l’energia
femminile è inesauribile. La richiesta è un atto di coraggio, doloroso e forte.
Non importa quale sia “il dettaglio” dell’offesa subita, da quanto tempo, se il
violento sia un insospettabile professionista, un alcolizzato, un tanto
disponibile vicino di casa. La donna deve essere accolta, sostenuta, “presa sul
serio”. Non importa per quanto tempo abbia subito, una volta o dieci anni e se
ancora ama quello che l’ha maltrattata, neanche questo importa - quello che lei
ama è il fantasma dell’amore ma sarebbe una parentesi troppo ampia da aprire. Non va stigmatizzata, se gli
abusi vanno avanti da molto perché “e lei che ci è rimasta a fare?” Va compreso
che più si subisce violenza, fisica, psicologica, entrambe, più è difficile
uscirne. Si perde il contatto con l’esterno, soprattutto se la donna non è
indipendente a livello economico. Le ricadute in una relazione con un uomo
violento sono parte del meccanismo che è sempre lo stesso: una spirale dove si alternano
violenze e “riappacificazioni” fino all’esaurimento della donna. A volte fino
alla morte. Nell’isolamento si consumano le violenze peggiori. La maggior parte
dei maltrattamenti o abusi avviene fra le mura domestiche o è attuata da uomini
con cui la donna è o è stata in relazione, non solo partner.
Ci sarebbe da aggiungere,
all’infinito, partendo dalle discriminazioni che la donna subisce, soprattutto
oggi, sul posto di lavoro. Tutte le forme di violenza, abusi, maltrattamenti
devono essere riconosciute e se ne deve prendere atto collettivamente. La mia attenzione
all’aspetto della violenza domestica scaturisce soprattutto dall’impegno come
operatrice. Come detto all’inizio, tutti gli stereotipi vanno demoliti e la
famiglia resta ancora, per i più, inviolabile sebbene al suo interno si consumino
molte violenze anche.
Grazie per le tue risposte, il tuo contributo
artistico e umano ci dà la possibilità di continuare una riflessione profonda
sulle troppe violazioni ancora in essere non solo sulla donna, ma su tutto il
genere umano; la violenza genera altra violenza e l’unico modo per combatterla
può essere la delicatezza, l’armonia e la bellezza, qualità congeniali all’arte
che forse non salverà mai il mondo ma potrà sempre dare un sostegno fondamentale
al suo miglioramento!
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